4 DOMANDE A… GIANLUIGI DRAGHI, PRESIDENTE DEL CONSORZIO TUTELA CASCIOTTA D’URBINO DOP

4 DOMANDE A… GIANLUIGI DRAGHI, PRESIDENTE DEL CONSORZIO TUTELA CASCIOTTA D’URBINO DOP

Qual è la dimensione produttiva della Casciotta d’Urbino e come stanno andando i consumi? I mercati esteri riescono a controbilanciare un mercato interno non troppo dinamico?
In un anno vengono certificate circa 204mila forme di Casciotta d’Urbino Dop, pari a 186 tonnellate di prodotto, che si ottengono utilizzando circa 1.200.000 litri di latte, di cui il 70% ovino e il restante bovino. Il nostro è un prodotto di nicchia con una forza di penetrazione commerciale ridotta ai soli confini nazionali. Il forte condizionamento della produzione di latte ovino ristretto alla sola provincia di Pesaro e Urbino, nel nord delle Marche, come previsto dal disciplinare di produzione, ne limita l’espansione e in un certo senso la mette al riparo da crisi di consumo. La Casciotta d’Urbino è un formaggio giovane, con soli 20 giorni di stagionatura. Piace ai giovani ed è ideale in cucina come ingrediente gustoso. Peccato che sia poco ancora conosciuto. 


Siamo nel 2019 e gran parte delle realtà produttive agroalimentari si stanno progressivamente dotando di strumenti tecnologici per garantire produttività e sicurezza. Il mondo dei prodotti di origine affonda le proprie radici n produzioni tipiche, tradizionali e in alcuni casi artigianali. Come coniuga, la Casciotta d’Urbino, l’innovazione con la tradizione?
C’è stata una rivoluzione da quando, negli anni Ottanta, il disciplinare produttivo della Casciotta d’Urbino è stato vagliato dal Comitato Formaggi del ministero e ritenuto idoneo per la denominazione d’origine, poi riconosciuta come Dop dalla Comunità Europea. Per questo, da circa un anno, il Consorzio ha avviato, presso il ministero, l’iter per un aggiornamento del disciplinare che preveda l’adeguamento tecnologico con, allo stesso tempo, il mantenimento delle caratteristiche fondanti della Dop. Una scelta che ci ha già visti premiati dal consumatore finale. 

L’apparato normativo relativo ai consorzi di tutela è in fase di evoluzione. Cosa pensa debba realmente cambiare e quale crede siano le direttrici lungo le quali il governo dovrebbe costruire la sua politica in tema di Dop e Igp? 
Delle 299 Dop e Igp italiane, i consorzi di tutela riconosciuti sono 154, tra cui il nostro. Confesso che abbiamo aspettato diversi anni prima di chiedere il riconoscimento, anche per non far gravare i maggiori costi sui ridotti quantitativi di produzione. La decisione è stata presa quando ci siamo resi conto che la presenza di un consorzio riconosciuto rafforza la credibilità e l’identità del prodotto sul mercato. Ritengo, però, sia necessario fare un distinguo tra le grandi produzioni che hanno forza economica per affrontare mercati esteri (e che quindi hanno la necessità di tutele internazionali) e le piccole. Questi consorzi sono spesso frammentati e, a volte, più impegnati a eseguire gli adempimenti burocratici che a raggiungere le finalità per cui sono stati costruiti. Quello che dovrebbe essere fatto, da parte del governo, è quindi prevedere l’aggregazione di più consorzi di prodotti merceologici diversi che coordinino sia le attività di tutela sia quelle di promozioni burocratiche. In questo modo si possono creare dei panieri integrati di intere aree produttive o addirittura del ‘Sistema Italia’. Siamo la nazione dai mille campanili con la maggior biodiversità al mondo: un elemento di forza solo se valorizzato.

A settembre si è svolta la Festa del Formaggio Marchigiano 2018, un evento dove cibo, cultura e sport hanno coinvolto centinaia di partecipanti. Siete soddisfatti di questa manifestazione? Qual è il modello di promozione e valorizzazione portato avanti dal vostro consorzio?
Avere un prodotto quasi di nicchia significa avere anche poche risorse a disposizione per la promozione. E allora come spenderle? Scegliendo di valorizzare il concetto di Dop e un prodotto fortemente legato al territorio di produzione. La strategia è mantenere vivo e riconoscibile questo radicamento. La Festa del Formaggio Marchigiano, dove la Casciotta d’Urbino è protagonista indiscussa, applica questo principio, e l’ultima edizione ha confermato che è la strada giusta da intraprendere. È stata una due giorni in cui i partecipanti hanno potuto conoscere l’arte casearia e respirare la cultura che l’ha generata. Per l’edizione 2018 abbiamo deciso inoltre di coinvolgere gli organizzatori della Festa della Pera Angelica di Serrungarina, un importante presidio Slow Food della provincia che celebra questa eccellenza con un evento che si svolge a pochi chilometri di distanza dal nostro. La Festa del Formaggio è diventata quindi “Al contadino non far sapere…” e il pubblico ha potuto scoprire con laboratori, degustazioni e spettacoli… “quant’è buono il formaggio con le pere”, proprio come recita il popolare proverbio. 

LA PRODUZIONE
Le aziende del Consorzio Casciotta d’Urbino Dop producono annualmente circa 200 tonnellate di formaggio. Una produzione stabile, a fronte di una richiesta crescente, a causa dei limiti di produzione di latte imposti dai dispositivi della Dop, che tutela però (e ne garantisce la sopravvivenza) gli allevamenti presenti in zone svantaggiate. L’intera filiera, oggi, dà lavoro a oltre 500 addetti; il fatturato annuo è superiore ai 4 milioni di euro. 

LA “SVISTA” NEL NOME
Si narra che Michelangelo per garantirsi un’abbondante scorta di Casciotta mentre era impegnato con la Piazza del Campidoglio e con la Basilica di San Pietro in Vaticano e la sua Cupola, avesse fatto affittare tre poderi con casa e terreno a Casteldurante (vicino Urbania) dal suo domestico e più stretto collaboratore Francesco Amatori, detto l’Urbino. Come risulta da atto notarile del 12 febbraio 1554. Ed è proprio da questa figura che prende il nome la Dop. Si dice porti il nome con la lettera “s” per un errore di trascrizione di un impegno ministeriale, ma questa storpiatura le permette di differenziarsi dalle caciotte della zona e del resto d’Italia. 

I MODI DI CONSUMO
Per gustarla al meglio il Consorzio suggerisce di condirla con olio extravergine di oliva, erbe aromatiche e pepe. La Casciotta d’Urbino è ottima con la polenta, ma anche con verdure fresche, olive ascolane, frutta fresca o secca. Adatta per accompagnare aperitivi, si accosta a mieli e marmellate. Predilige vini bianchi giovani come il Bianchello del Metauro Doc, un vitigno autoctono della provincia di Pesaro, e i vini rosato.
Condividi su: facebook share twitter share pinterest share